Italia. Maggio 2008. E' iniziata la Terza Repubblica? Si è entrati saldamente in un sistema bipolare? Ci si avvia al bipartitismo? Credo che occorra precisare alcuni aspetti delle ultime evoluzioni politiche ed, al contempo, occorra non esagerare la loro portata.
Partiamo dal bipolarismo e rispondiamo ad una domanda di base: dov'è la discontinuità emersa dalle urne? Coloro che auspicano il "bipolarismo", magari riponendo in esso speranze di "cambiamento", dovrebbero riconoscere come la storia partitica italiana sia stata da sempre caratterizzata dal "bipolarismo" che invocano: fino al '64 un bipolarismo tra Centro e Sinistra, dopo il '64 tra Centro-Sinistra e Sinistra. Anche la Seconda Repubblica, si è in sostanza caratterizzata per il bipolarismo: Ulivo, Unione vs Polo delle Libertà, Casa delle Libertà. Il risultato emerso dalle ultime elezioni dunque, non rappresenta nulla di nuovo da questo punto di vista. Ciò è ancora più chiaro se si guarda al radicamento geografico di Pdl e Pd, il primo corrispondente a quello della vecchia Dc, il secondo a quello del vecchio Pc. A dire il vero però, una differenza con la Prima Repubblica la riscontriamo: sia il Pdl che il Pd non sono i rispettivi eredi di Dc e Pc, anzi, non possono proprio essere definiti "partiti in senso classico". Non hanno strutture comparabili a quelle dei partiti classici, ma soprattutto non hanno identità e non hanno ideologia. Paiono più che altro "macchine per governare" (la necessità di un "governo ombra" per Pd ne è un esempio splendido), vuote di contenuti, recettive a tutto ciò che possa portare voti, così pragmatiche da risultare addirittura "impalpabili" e "idefinibili", e questo molto più di ciò che poteva essere un "partito pigliatutto" come la Dc. E qui allora lancio un'altra domanda: è possibile, in politica, fare a meno delle idee? O meglio, delle identità? Quale può essere la coerenza di un disegno politico che si basa sui più svariati, molteplici e contraddittori impulsi della società? Il problema non è negare o meno la complessità del reale, il problema qui è far sì che i partiti assolvano il loro ruolo primario che è quello di semplificare gli input provenienti dalla società. Ecco allora come quella che ci viene spacciata per "semplificazione" sia più che altro una semplificazione solo formale, positiva e necessaria, ma potenzialmente generatrice di disegni politici incoerenti, vaghi e capaci di ottenere consensi solo perchè basati sull'emotività del breve periodo.
Tralasciando gli aspetti filosofici alla base del bipolarismo (che comunque, accenno solo, affondano le loro radici in Hegel e Marx ed in una logica di scontro frontale), passiamo ora ad alcune considerazioni sul bipartitismo. Anzitutto occorre dire che, quella che viene dipinta come una "naturale evoluzione" verso due partiti (Pdl e Pd, il primo nato in risposta al secondo), non è tale. Il voto di Aprile lo mostra chiaramente, altrimenti non si spiegherebbero i risulati di Lega ed Italia dei Valori. Certo, presentandosi da soli Bossi e Di Pietro non avrebbero ottenuto gli stessi voti, ma ciò non toglie il dato di fatto, e cioè che, contrariamente alle enormi pressioni politico-mediatiche esercitate dall'alto, il popolo italiano non vuole due soli partiti. Pdl e Pd hanno ottenuto più del 70% dei voti, ma occorre guardare anche all'interno di queste due "macchine elettorali": il modo con il quale sono stati scelti i ministri da Berlusconi, la rigorosa ripartizone tra componenti, dimostra come ci si basi ancora sulle forze partitiche della passata legislatura.
Quindi, da un lato abbiamo un dato di fatto (la mancanza di bipartitismo) e dall'altro lato abbiamo una volontà (quella di "imporre il bipartitismo"). Quali sarebbero i rischi? Immaginiamo uno scenario futuribile con solo Pdl e Pd. Cosa succederebbe? Succederebbe ciò che accade nei paesi aglosassoni, dove il bipolarismo (con società completamente diverse dalla nostra) và per la maggiore. Accadrebbe questo: un voto conquistato a destra (per il Pdl) ed un voto conquistato a sinistra (per il Pd) varrebbero 1, cioè, rispettivamente, un voto in più; un voto conquistato al centro da entrambi, varrebbe invece potenzialmente 2, il doppio, perchè potrebbe plausibilmente essere un voto sottratto all'avversario. Questa tendenza verso il centro dei due partiti, porterebbe gli stessi a trascurare completamente le estremità, già sottorappresentate per la mancata elezione (come nell'attuale Parlamento) di propri rappresentanti. I due grandi partiti diventerebbero dunque, oltre che ideologicamente vaghi (per nascita, come abbiamo visto) anche incredibilmente simili nei programmi e nell'azione di governo. Alcune di queste conseguenze, pur non essendo noi in un sistema bipartitico, le abbiamo già potute ammirare. Per i cattolici che auspicano un'azione parlamentare ispirata alla Dottrina Sociale della Chiesa, questa situazione porterebbe poi ad un altro problema. La logica dei "due grandi partiti" in generale, e della contrapposizione Pdl-Pd in particolare, porterebbe certamente a competere su quello spazio politico (centrodestra, centro, centrosinistra) occupato dai cattolici (in particolare quelli sopra citati). Il problema qui deriverebbe da ciò che accadrebbe una volta conquistato tale spazio politico. Ossia: cosa succedrebbe (e cosa succede) al cattolico inglobato nel grande calderone del Pdl o del Pd? Le logiche di partito sono spietate, le logiche del grande partito sono grandemente spietate. Conseguenza: totale eliminazione dell'apporto cattolico al panorama politico italiano.
La vicenda di Ron Paul può offrire anche qui qualche spunto di riflessione. Egli, in sostanza, ha deciso con forza di combattere la degenerazione del bipartitismo (quella incredibile uguaglianza tra i due partiti) dall'interno del sistema bipartitico stesso: Ron Paul vuole cioè che il Partito Repubblicano torni ad essere autenticamente Repubblicano, cioè conservatore. Ma in Italia, chi avrebbe la forza di fare tanto? Chi avrebbe tale appoggio e tali mezzi? Chi avrebbe le capacità politiche e la lungimiranza per combattere queste degenerazioni? Io, di Ron Paul, in Italia, non ne vedo.
Dunque, concludiamo, perchè è importante il centro oggi?
Primo motivo. Perchè può basarsi su di una provata e classica tradizione politica italiana: la tradizione Popolare, certo articolata al suo interno, ma comunque coerente. Ciò significa dunque contribuire al re-inserimento dell'ideologia e dell'identità nel quadro partitico.
Secondo motivo. Un motivo sistemico. La presenza di un centro politico forte riduce la tendenza ad assomigliarsi dei due partiti alla destra ed alla sinistra del centro stesso. Questi al contempo possono concentrarsi maggiormente sulle estremità del sistema.
Terzo motivo. Può contribuire alla permanenza di un apporto del pensiero cattolico nella politica italiana. Certo, il cattolico può posizionarsi ovunque nell'arco politico destra-sinistra, ma non è questo il punto. Il punto è qui di opportunità politica: nella situazione attuale (bipolare e tendente verso il bipartitismo) il centro mi pare essere l'unico spazio politico dove il pensiero cattolico non possa essere schiacciato dalle logiche partitiche.
Passo e chiudo
FRA