Il Generale Fabio Mini, già Capo di Stato maggiore del Comando Nato delle forze alleate Sud Europa e al vertice della Kfor in Kosovo, è intervenuto ieri per commentare l’arresto, da parte delle autorità afghane e del contingente Isaf della Nato, di tre attivisti italiani dell’ospedale di Lashkar Gah.
“Siccome non sono pacifista, – ha scritto Mini in un lungo articolo – siccome cerco di stare con i piedi per terra e non ho ancora trovato alcuna pace interiore che mi lasci inebetito trovo molti aspetti della vicenda, perfino i più imbarazzanti, plausibili e comprensibili. Specie alla luce di qualche esperienza. [...] Non ci sarebbe nulla di strano che un medico di Emergency si facesse dare mezzo milione di dollari per aiutare dei terroristi. Con quello che li paga l’organizzazione, il compenso varrebbe il rischio della pelle. I dubbi aumentano se si considera che una tale fortuna viene offerta al medico per portare un paio di scatoloni nel suo ospedale e lasciarli in bella vista in modo che vengano subito trovati: sembra più una operazione da “governatori” e servizi segreti che da terroristi”.
“Semmai è strano – continua, analizzando il comportamento tenuto dal ministro degli Esteri Franco Frattini – che la prima dichiarazione venuta in mente al nostro Ministro degli Esteri sulla vicenda sia la condanna contro tutti i terrorismi: in pratica è l’ammissione che Emergency è una organizzazione terroristica.
O almeno una di cui è lecito sospettare.
E infine non sarebbe affatto strano che i prigionieri in Afghanistan confessassero. Da quelle parti gli stranieri si salvano solo se confessano, qualsiasi cosa e alla svelta. Salvano la faccia dei loro aguzzini e così salvano la pelle. Se c’è da fare dell’eroismo o del martirio bisogna aspettare di essere tornati a casa“.
Ma perché il governo afghano e le forze militari della Nato avrebbero dovuto orchestrare una simile operazione proprio contro Emergency e il suo ospedale, oggetto di un corteo di protesta di abitanti aizzati dalle autorità locali?
“Ho già detto chiaramente in tempi non sospetti – ha risposto Mini nel prosieguo del pezzo – che Emergency avrebbe pagato caro il suo intervento “politico” nella vicenda Mastrogiacomo. Ora ci siamo.
Un altro fatto concreto è il fastidio arrecato da Emergency alle forze internazionali e ai governanti afgani ogni volta che ne ha denunciato le nefandezze.
Un fatto è che Emergency è un punto di riferimento per chiunque abbia bisogno e quindi anche per i cosiddetti talebani. Un fatto è che Helmand è ancora una roccaforte dei ribelli pashtun e che il loro smantellamento deve necessariamente passare per quello di qualsiasi organizzazione che li aiuta, anche se per i soli aspetti umanitari. [...] Dal punto di vista militare Emergency deve cessare di essere un testimone e un punto di riferimento per i ribelli. Tutti devono sapere che farsi ricoverare può essere l’anticamera dell’arresto che per gli afgani è sempre l’anticamera del cimitero“.
Un’ipotesi, quella del collegamento con il ruolo di mediazione svolto da Emergency nel 2007 per ottenere la liberazione del giornalista di “Repubblica” rapito da gruppi talebani, preso in considerazione anche dalla Procura di Roma che ha aperto un fascicolo sull’arresto dei tre attivisti dell’associazione di Gino Strada, raccogliendo proprio i materiali dei Ros.
(NewNotizie.it)
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