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E prettamente finanziarie sembrano essere le ragioni che guidano anche oggi i nazionalisti scozzesi nelle loro rivendicazioni. «La Scozia – osserva Salmond – ha il sesto Prodotto interno lordo del pianeta. È ricca di risorse naturali. Esporta il whisky. Mentre l’economia del Regno Unito frena. E quando le Nazioni Unite sono nate accoglievano 50 Stati. Ora sono 200. Dieci si sono aggiunti nel 2004. Sei sono più piccoli di noi». Salmond ribadisce che, anche da indipendente, la Scozia considererà ancora la regina il suo capo di Stato, ma Edimburgo avrà il potere di distanziarsi da decisioni impopolari prese dal Governo centrale come quella che ha visto il Regno Unito affiancare gli americani nella guerra in Iraq. Andando al nocciolo, non è neppure casuale che il leader nazionalista usi i suoi archi da guerra contro Westminster in una fase di recessione economica e di pesante debito pubblico, da spartire con Londra. La dinamica del suo comportamento è duplice. Da una parte Salmond gioca di sponda mirando ad ottenere, nel caso di un no al referendum, almeno una Devo Max, cioè una «Devolution potenziata», ovvero la massima autonomia finanziaria all’interno di un sistema simile a quello federale. Dall’altra, si comprende che la massima posta in gioco è una sola: negli ultimi cinque anni – ha calcolato il leader scozzese – una Scozia indipendente, con pieno controllo dei proventi del gas e del petrolio del Mare del Nord, avrebbe avuto un avanzo primario di 7,5 miliardi di sterline.
Tali cifre spaventano Londra, che controbatte dicendo che senza l’Inghilterra la Scozia sarebbe debole e in un sistema globale conviene basarsi su un’economia integrata. I sondaggi dicono che la percentuale di scozzesi favorevoli all’indipendenza non sarebbe oggi superiore al 38%. Ma perché si possa mantenere questa percentuale minoritaria occorrerebbe indire il referendum al più presto possibile: non solo perché i mercati scalpitano ma soprattutto perché nell’arco di due anni le truppe del novello Braveheart, al richiamo di «Scots Wha Hae», l’inno che celebra gli eroi dell’indipendenza, potrebbero paurosamente infoltirsi.
(Corriere del Ticino)Tali cifre spaventano Londra, che controbatte dicendo che senza l’Inghilterra la Scozia sarebbe debole e in un sistema globale conviene basarsi su un’economia integrata. I sondaggi dicono che la percentuale di scozzesi favorevoli all’indipendenza non sarebbe oggi superiore al 38%. Ma perché si possa mantenere questa percentuale minoritaria occorrerebbe indire il referendum al più presto possibile: non solo perché i mercati scalpitano ma soprattutto perché nell’arco di due anni le truppe del novello Braveheart, al richiamo di «Scots Wha Hae», l’inno che celebra gli eroi dell’indipendenza, potrebbero paurosamente infoltirsi.