Wednesday, November 21, 2007

TRAVIS: "THE BOY WITH NO NAME"

L'ultimo album della band scozzese (il quinto), uscito quest'anno a distanza di ormai 4 anni dal quarto "12 Memories" conferma anzitutto la continuità della produzione Travis. Il gruppo di Fran Healy rimane uguale a se stesso, senza stancare mai. Non si trova nell'album alcun tipo di evoluzione stilistica, nessun stravolgimento, nessuna innovazione. Ascoltare l'esordio "Good feeling" ed ascoltare "The boy with no name" è praticamente la stessa cosa. Ma attenzione: la mancanza di sorprese non sminuisce affatto il valore e la bellezza dell'album, un'opera da assaporare pian piano, immediata ma mai banale, commerciale ma mai superficiale. Un disco da camera, da auto ed anche da radio. Un disco, in una parola, piacevole.
Il titolo richiama una mail inviata dal cantante in un periodo nel quale non era ancora deciso il nome del figlio che stava per nascere. Il tema della paternità viene ripreso nella traccia numero 7 "My Eyes" [video 3-4 sottostanti], terzo singolo estratto. Ma andiamo con ordine. Il disco si apre con "3 times and you lose" [video 1 sottostante, non videoclip, ma piccolo documentario con il brano in sottofondo], stupendo pezzo dall'inizio ruvido e dal ritornello "a presa rapida". "Selfish Jean" è il secondo brano, nonchè il secondo singolo, ritmato e scandito dalla voce di Healy. Segue "Closer" [video 2 sottostante, con la straordinaria partecipazione di Ben Stiller, grande fan del gruppo], ballata romantica giustamente scelta come primo singolo. In "Big Chair" vi è un accenno alla psichedelia, quasi un richiamo ai Radiohead. "Battelships" è il centro dell'album: canzone in tipico stile Travis che tratta degli alti e bassi nelle relazioni umane. L'usuale drumming di Primrose, essenziale ed efficace, ed il basso di Payne, sempre di grande sostegno, accompagnano la linee vocali tracciate da Healy, vere colonne portanti del pezzo (che include un arrangiamento di archi), mentre i caratteristici arpeggi di Andy Dunlop richiamano esperienze passate (dai Byrds ai Beatles). La successiva "Eyes wide open" è rabbiosa ed immediata. A "My eyes" seguono la triste "One night" ed il duetto con KT Tunstall "Under the moonlight". "Out of space" e "Colder" sono sporche, grezze e di difficile catalogazione. Le conclusive "New Amsterdam" (un omaggio a New York con un testo che è un vero e proprio flusso di coscienza) e "Sailing away" (una ghost-track) sono perle imperdibili.
Un lavoro onesto, mai sopra le righe, com'è lo stile della band. Un pop-rock che non stupisce, ma che fa passare buoni momenti di ascolto.
Citazione aggiuntiva meritano i videoclips. Anche quelli che accompagnano "The boy with no name", sono vere opere d'arte. I Travis si confermano ancora una volta ottimi attori, capaci di prendersi in giro e di far riflettere nello stesso tempo. Il gruppo scozzese vanta un lungo elenco di clips assolutamente imperdibile: forse il livello dei video dell'ultimo album non raggiunge i capolavori registici e di recitazione che hanno accompagnato i singoli di "The man who" e "The invisible band", ma è comunque nettamente al di sopra della quasi totalità dei videoclips attuali.
Quindi possiamo concludere: musica da camera, da auto, da radio ed anche da video.
Passo e chiudo.
FRA

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