Friday, April 13, 2012

VIAGGIO NELLA FORESTA DEI SUICIDI. (Inside the forest of suicides)

La foresta di Aokigara è un posto solitario dove morire.

La vegetazione è molto fitta in questo luogo situato ai piedi del monte giapponese Fuji ed è facile scomparire misteriosamente nel verde senza che qualcuno se ne accorga. Ogni anno le autorità rimuovono centinaia di corpi morti: è il posto eletto per suicidarsi dalla popolazione del posto. Anche se comunque moltissimi corpi possono rimanere nascosti nella foresta anche per anni. Proprio questo il motivo per cui molte persone decidono di finire i propri giorni proprio qui, anche se il vero perché di questa scelta rimane comunque un mistero. E oggi proprio questo ha fatto nascere l’idea di un nuovo film ambientato proprio in questa foresta.
Azusa Hayano, geologo, ha studiato questa foresta per più di 30 anni e non riesce ancora a capacitarsi del fatto che le persone eleggano questo posto per togliersi la vita. Lavora qui da sempre e ha visto moltissimi cadaveri o è giunto quando ancora non era troppo tardi salvando qualche vita. Ha stimato che solo lui ha trovato più di 100 corpi negli ultimi 20 anni. Così ha deciso di assumere una troupe e girare un documentario: ha portato lo staff in un posto conosciuto come Jukai – il mare di alberi – per condividere davanti alle telecamere quello che ha imparato sino ad oggi.
Comunque Hayano non è ancora riuscito a trovare una risposta definitiva al perché le persone decidono di suicidarsi qui, se non l’idea che ci sono uomini così disperati da decidere di avventurarsi dentro la foresta con la consapevolezza che non torneranno più indietro.
Il film-documentario apre con un’auto abbandonata al limitare della foresta, una cartina lasciata sul cruscotto… Hayano davanti alla telecamera spiega che auto e cartina sono li da mesi.
“Credo che il proprietario si sia addentrato nella foresta e non sia mai tornato indietro” afferma l’uomo. “Probabilmente è entrato nella foresta con pensieri negativi che giravano nella sua testa e molte preoccupazioni”.
La telecamera nel frattempo mostra un cartello dell’associazione contro i suicidi che indica: “La tua vita è un dono prezioso. Pensa ai tuoi genitori, parenti e bambini. Non farti del male. Parla dei problemi che hai”. Sebbene i morti siano veramente molti, questo cartello ha comunque fatto cambiare idea ad alcuni. Altri, non sicuri di essere pronti a morire, spesso lasciano dei segnali dietro di loro, spiega Hayano, usando come pollicino le briciole di pane per avere un segnale sulla strada del ritorno e per essere in grado di tornare indietro non appena hanno un ripensamento.
“Nella maggior parte dei casi se segui il percorso segnato e i segnali riesci a tornare”. Nel frattempo Hayano si addentra insieme alla troupe nella foresta e arriva ad un campo con tende vuote, sicuramente non un buon segno. Nessun cadavere qui, solo una bambola appesa ad un albero. “Probabilmente questa persona era torturata dalla società” afferma l’uomo.
Ci sono alcuni segnali che saltano immediatamente all’occhio ad Hayano e che fanno pensare subito a qualcosa di negativo. L’uomo continua a camminare e trova una tenda gialla nel mezzo di una radura. All’interno un giovane uomo che dice di essere lì per fare un po’ di campeggio. Ma Hayano, che racconta alle telecamere della volta che ha dovuto convincere un uomo a non impiccarsi, conosce bene i suicidi e li sa riconoscere a colpo d’occhio. Dopo aver scambiato due chiacchiere con l’improbabile campeggiatore, lo lascia con queste parole: “Prenditi il tempo per pensare e cerca di vedere le cose in maniera positiva”.
Ma alla fine, arriva la conferma che non sempre è possibile salvare le persone. Ed ecco la scoperta di uno scheletro umano, ancora con vestiti e stivali.
Hayano, sebbene ne abbia visti tanti di cadaveri, sembra comunque scioccato. Il suo lavoro ha reso la vista di corpi di uomini suicidi qualcosa di particolare, di sentito. Secondo lui il suicidio in Giappone è cambiato con il passare degli anni. Dapprima era una tradizione e una pratica dei samurai, che commettevano il rituale ‘harakiri’ per preservare il proprio onore. Ad oggi è semplicemente un segnale di isolamento sociale e di problema del mondo moderno.
“Credo sia impossibile morire eroicamente commettendo un suicidio” ha affermato. Hayano crede che questa tendenza al suicidio sia un sintomo della crescente impersonalità e solitudine della vita che le persone vivono, estraniate in quel mondo che è internet.
E aggiunge: “Ora possiamo vivere la nostra vita tutto il giorno online. Ma quello di cui abbiamo bisogno è di vederci in faccia, leggere le espressioni sul viso, sentire la voce: solo così possiamo essere in grado di sentire le emozioni e di vivere.”
(NonCiPossoCredere.com)

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