Nel novembre 2003 Lord Johan Steyn definiva, davanti al British Institute of International and Comparative Law, come un "legal black hole", la vicenda di Guantanamo. I motivi erano essenzialmente tre: le violazioni del diritto internazionale (in primo luogo per quanto riguarda le Convenzioni di Ginevra, l'ultima delle quali datata 1949), l'llegalità delle Commissioni MIlitari istituite con "ordinanza militare" del Presidente Usa nel novembre 2001 (tribunali speciali deputati al giudizio dei cosiddetti "combattenti nemici" e dei "combattenti nemici stranieri", questi ultimi indicati con decreto ad personam dal Presidente ed inviati appunto a Guantanamo), infine il trattamento dei detenuti.
Soffermiamoci su questo ultimo aspetto. Diamo un'occhiata a ciò che succede da qualche anno in questo presidio militare che il governo di Washington ottenne come compenso per l'appoggio fornito a Cuba nella guerra contro la Spagna nel 1898. Per fare questo riprendiamo il racconto di alcuni giornalisti che hanno potuto visitare la base (senza poter tener contatti con i prigionieri, dei quali il governo Usa fra l'altro non comunica l'identità) e consideriamo alcune testimonianze così come riprese da Frosini nel saggio " Lo stato di diritto si è fermato a Guantanamo". Ecco alcuni passi salienti dei resoconti, giusto per farsi un'idea: i detenuti sono rinchiusi 24 ore su 24 in piccole celle singole di un metro e ottanta per due metri e mezzo, con pareti di rete metallica aperte all'osservazione esterna su tutti e quattri i lati, sempre illuminate dalle luce solare di giorno e dall'illuminazione artificiale di notte. Dormono su pavimenti di cemento e il bagno è un buco per terra. I prigionieri non hanno nome, ma solo un numero che corrisponde alla loro cella e si distinguono per il colore delle tute che devono indossare (l'arancione per esempio è il colore della tuta di chi non collabora). In una settimana dalla gabbia si esce solo per novanta minuti. Ecco come, secondo il racconto di due ex detenuti (Rasul e Iqbal), avvengono gli interrogatori: dopo essere incatenati per ore con le gambe per aria, viene imposto di urinare durante l'interrogatorio, il quale può durare anche dodici ore. L'aria condizionata è altissima. Vi è una lampada stoboscopica, musica ad altissimo volume e dei cani ferocissimi utilizzati per terrorizzare. Il più delle volte, dopo l'interrogatorio per giorni non si riceve pasto. Spesso si verificano poi brutali assalti ai prigionieri con spranghe.
Vi sono fonti sufficienti per affermare con certezza che a Guantanamo è (o almeno sia stata) praticata la tortura fisica e psicologica per ottenere informazioni.
Un ruolo decisivo sulla vicenda Guantanamo è stato svolto dalla Corte Suprema americana, secondo i più un ruolo di riequilibrio del sistema tra le due esigenze di sicurezza e di libertà individuale. Cìò è avvenuto principalmente con quattro sentenze, tre del giugno 2004 (Hamdy vs Rumsfeld; Rasul vs Bush; Rumsfeld vs Padilla) ed una del 2006 (Hamdam vs Rumsfeld). In particolare è la seconda (Rasul vs Bush) che investe specificatamente il caso Guantanamo. Il problema in questione è il seguente: è possibile per un detenuto di Guantanamo presentare istanza ad un tribunale statunitense? L'avvocato di Rasul presentò domande di habeas corpus (in pratica un controllo di legittimità sullo stato di detenzione) a tribunali federali. La questione, dopo varie impugnazioni arrivò alla Corte Suprema. La sentenza venne posta in questi termini: è possibile adire un giudice americano, perchè ciò che conta veramente è che il soggetto sia sotto la disponibilità giuridica Usa, non conta di chi sia la sovranità sul territorio in questione. Di grande interesse fu la linea dissenziente del giudice Scalia, il quale paventò la possibilità di un estensione "ai quattro angoli della Terra" della competenza dei giudici americani (anche per esempio su regioni di Irak e Afghanistan). Occorre dire però che con legge, nei mesi successivi, si è attenuata notevolmente la portata della sentenza: si sono escluse dalla suddetta competenza le aree di conflitto e si è definita come responsabile sul controllo di habeas corpus solo la corte distrettuale del DIstretto di Columbia (Washington D.C.), evidentemente la più soggetta alle pressioni della Casa Bianca.
La vicenda Guantanamo rimane ancora aperta anche perchè la Corte Suprema, pur avendo indubbiamente svolto un ruolo di riequilibrio, ha di fatto lasciato sempre una "scappatoia" all'amministrazione americana, per esempio non contestando mai le categorie giuridiche "inventate" dal governo, nè tanto meno l'esistenza dei tribunali speciali (ad onor del vero una presenza ricorrente nei momenti di crisi della storia americana) ed arrivando ad ammettere addirittura l'invertibilità dell'onere della prova (a carico dunque degli accusati) nei processi davanti alle suddette Commissioni MIlitari.
Passo e chiudo.
FRA
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