Thursday, February 7, 2008

NAMIBIA COLONIALE, PARTE 1: "L'AFRICA TEDESCA DEL SUD-OVEST". (Colonial Namibia, part 1: "The South West German Africa")

La storia della Namibia è in gran parte una storia coloniale. Questo immenso territorio (come lo conosciamo oggi più di ottocento mila chilometri quadrati) in larga parte desertico e scarsamente popolato, esiste come Stato indipendente solo dal 1990. Precedentemente la zona fu prima colonia tedesca e poi controllata dal Sudafrica. Il primo europeo a sbarcare in Namibia fu il portoghese Diego Cão nel 1485 (Cape Cross). L’anno dopo fu la volta di Bartolomeo Diaz, nel medesimo luogo. Lo stesso Diaz diede il nome di Angra Pequena ad un secondo approdo. Dopo questi episodi nessun Europeo arrivò in Namibia fino al XVII secolo. Nel 1670 alcuni Olandesi giunsero dal Capo, ma si dovette aspettare fino alla fine del 1700 perché coloni penetrassero il territorio. Come in ogni altra parte del mondo l’intervento di potenze influenzò in modo determinante la realtà politica, sociale ed economica qui presente. Si interruppero i processi di sviluppo endogeno e si costrinsero società diverse ad integrarsi in posizione dipendente dal sistema economico dominato dalle grandi potenze industriali. Diverse società vennero assoggettate ad un singolo sistema di sfruttamento. In Namibia i coloni avrebbero infatti trovato comunità Khoi (provenienti dalla colonia del Capo) nelle zone costiere del Namib, popolazioni Nama (allevatori) nella parte meridionale del territorio, popolazioni Herero (in conflitto coi Nama) nell’altopiano centrale, Damara sulla costa centrosettentrionale, i San (boscimani) e gli Tswana ai confini con il Kalahari, gli Himba (semi-nomadi), gli Ovambo (coltivatori) ed i Kavango (artigiani) nel nord, i Mafue ed i Masubia in quella che è oggi la Caprivi strip. A questa moltitudine si aggiunsero all’inizio dell’Ottocento gli Oorlam, popolazione dalle origini complesse (discendenti di schiavi malesi, Khoi-San, Olandesi ed Inglesi nella colonia del Capo), che con armi e carovane si installò nella parte centromeridionale della Namibia. Questi conquistarono il predominio su vari clan Nama e negli anni Trenta, attraverso l’azione di Jonker Afrikaner, andarono ad occupare il distretto centrale di Windhoek, il cui nome originale fu in realtà Winterhoek. Arrivarono poi i cosiddetti Rehobothers, che si stanziarono nelle già sovraffollate interne highlands. Contemporaneamente a questi spostamenti si registravano arrivi da parte di missionari europei, che dalle coste cominciavano a penetrare il territorio (grande rilievo ebbe la Rhenish Missionary Society), e arrivi sempre maggiori di Afrikaner (da non confondere con i Boeri sudafricani: questi infatti erano una famiglia che originariamente aveva rifiutato di servire i padroni boeri) e coloni tedeschi. La città herero di Otjimbingwe divenne il principale insediamento per i commercianti europei. Questi, nel 1861, incoraggiarono gli Herero a ribellarsi alla dominazione afrikaner fornendo loro armi che poi vennero usate anche nel conflitto coi Nama per il controllo dell’altopiano centrale. Tra gli anni Sessanta e Settanta si ebbe dunque il consolidamento dei principati herero sotto la leadership di Maherero, che riuscì ad estendere le terre di pascolo herero fino a Rehoboth, a subordinare gli Afrikaner ed a concludere un trattato con i Britannici nel 1876, secondo il quale gli Herero passavano sotto la “protezione” inglese”. Lo stesso anno Londra annetteva la zona intorno a Walvis Bay alla colonia del Capo, ma non procedeva, nel rispetto dell’accordo, ad imporre un protettorato sul territorio herero, come invece chiedevano i commercianti.
È in questo contesto che s’inseriva l’avventura coloniale tedesca in Namibia. Il colonialismo tedesco aveva la particolarità di essere late-comer rispetto a quello delle altre Potenze, ma anche di essere in larga parte alimentato da considerazione puramente politiche, piuttosto che economiche: il prestigio verso gli altri Imperialisti ed il piegare l’alternativa socialista in patria. Certamente vi furono anche intenti economici, ma questi vennero logicamente o cronologicamente dopo, almeno per quanto riguardava l’establishment prussiano. Bismark allora acconsentì all’opzione coloniale oltre che per proteggere gli interessi dei propri scambi commerciali e permettere l’accesso alle materie prime, anche dal punto di vista diplomatico per scaricare tensioni su territori periferici, per operare un riavvicinamento alla Francia in funzione antibritannica, ed infine, se si considera il primato della Innenpolitik sulla Aussenpolitik, per legittimare un ordine sociale e politico messo in crisi da mutamenti rapidi e incontrollabili. E così i mercanti tedeschi presenti dagli anni Trenta in Costa d’Oro, Nigeria e Liberia, costituiranno solo la fase iniziale di un processo che porterà la Germania a colonizzare Togo, Camerun, Rwanda, Burundi, Tanganyika e ovviamente Namibia.
Franz Adolf Eduard Lüderitz era nato a Brema nel 1834 e aveva ereditato dal padre una fiorente attività commerciale nell’importazione del tabacco. Nel 1881 aveva avviato un’azienda agricola in Nigeria, ma non contento due anni dopo s’era spinto via mare verso sud, lungo la costa occidentale, fino a fermarsi nel 1883 in una baia all’altezza del 27esimo parallelo sud: l’Angra Pequena. Gli sembrava un posto adatto per la creazione di un porto e di una base commerciale e non ebbe pace fino a quando non riuscì ad acquistarla. Per pochi fucili, alcool ed un’esigua somma di denaro, ottenne dal capo dei Nama tutta la zona costiera da Walvis Bay al fiume Orange. Lüderitz aveva compreso che quello poteva essere il trampolino di lancio per la conquista di un suolo che stuzzicava anche gli appetiti britannici. Si rivolse allora a Bismark, che all’apice del suo superbo potere disprezzava di fatto qualsiasi affare coloniale: l’unica parte del mondo per la quale valesse la pena combattere era l’Europa, lo scramble for Africa non era che una perdita di tempo. Costretto dalle evidenze geostrategiche e dalle pressioni economiche alla fine Bismark cedette e il 26 maggio 1884 fece pubblicare un telegramma, inviato al console tedesco a Cape Town, in cui si dichiaravano posti sotto la protezione tedesca i territori acquistati a Joseph Fredericks da Lüderitz. In concreto il Cancelliere se la cavò con uno sforzo minimo: un commissario, una bandiera del Reich, qualche funzionario e 23 soldati: la neonata Deutsche Kolonialgessellschaft für Südwest-Afrika. La decisione del governo del Capo di annettersi l’area, provocò una dimostrazione navale tedesca dall’Orange al Cunene, ciò mille chilometri più a nord della Baia di Lüderitz, area in cui un importante consorzio di interessi tedeschi aveva comprato concessioni minerarie. Cape Town si limitò così a mantenere il controllo su Walvis Bay, mentre i Tedeschi iniziarono la penetrazione e la colonizzazione del vastissimo territorio che chiamarono Africa tedesca del Sud-Ovest.
Vediamo allora gli eventi fondamentali, prima di fare considerazioni generali sul sistema di colonial rule tedesco. La situazione si faceva sempre più esplosiva: approfittando dei conflitti etnici specialmente tra Herero e Nama, gli Inglesi infiltravano armi ed agenti dalla base di Walvis Bay. Le popolazioni dell’interno nulla sapevano delle pretese tedesche e gli anni successivi furono di continua guerriglia e resistenza contro la penetrazione. A questo si aggiunga che il Reich mutava in senso decisamente aggressivo la sua politica coloniale: il nuovo imperatore Guglielmo II, salito al trono nel 1888 all’età di 29 anni, rinforzò il contingente militare e incoraggiò l’afflusso di coloni tedeschi, soprattutto agricoltori. Costrinse poi alle dimissioni Bismark e nominò cancelliere il conte Leo Caprivi di Caprara di Montecuccoli, affidandogli il preciso mandato di contrastare in Africa le mire espansionistiche degli altri Stati europei. Fu lo stesso conte, con abile diplomazia a negoziare i confini settentrionali della Südwest-Afrika, ottenendo dalla Gran Bretagna il collegamento del Paese al bacino dello Zambesi mediante una striscia di 500 chilometri, la Caprivi Strip. Quell’accordo ovviamente non pacificò la colonia: le lotte si moltiplicarono. Nel 1896 i Tedeschi potevano dire di aver completato l’occupazione del territorio, con l’eccezione dell’Ovamboland. Tuttavia non senza difficoltà. Maherero aveva denunciato nel 1888, a causa degli espropri tedeschi, un trattato di protezione con Berlino del 1885 e così il primo Commissario tedesco, Heinrich Ernst Göring (padre del tristemente noto Hermann), fu costretto a ritirarsi a Walvis Bay; agli attacchi dei Nama guidati da Witbooi, i Tedeschi risposero con la forza e con la costituzione di un poderoso network di postazioni militari nella regione, costringendo infine il chief a firmare un trattato. Gli Africani, impoveriti dalle guerre e da una epidemia di peste bovina, furono costretti ad accettare lavoro a bassi salari nelle fattorie tedesche o nelle miniere di rame di Otavi. Nel 1900 un terzo del territorio era diventato di proprietà di potenti Compagnie private di tipo speculativo che attendevano l’aumento dei prezzi che sarebbe venuto con la costruzione di strade e ferrovie, quindi dalla colonizzazione. Nel 1903 il governatore Leutwein decise la creazione di riserve per Nama ed Herero, anche con l’intenzione in realtà di proteggerli dalla perdita delle terre, fonte primaria di ribellione. Fu però la goccia che fece traboccare il vaso: nel gennaio 1904 Maherero ordinò la rivolta, invitando gli altri gruppi, Nama compresi, ad unirsi a lui. Dopo i primi successi nell’area di Swakopmund, che costrinsero i Tedeschi a ripiegare verso Windhoek e che causarono oltre cento morti tedeschi, la reazione germanica fu impetuosa e spietata: imponenti rinforzi con alla testa il generale Von Trotha vennero inviati alle Schutztruppe. La battaglia decisiva avvenne l’11 Agosto 1904 ad Hamakari: uomini, donne e bambini Herero vennero radunati e uccisi a migliaia, mentre chi riuscì a fuggire morì di fame e sete nel Kalahari. In Ottobre dalla Germania venne un vero e proprio ordine di sterminio: gli Herero dovevano essere distrutti come nazione. La stessa sorte sarebbe toccata anche ai Nama. Tutti coloro che cadevano nelle mani dei Tedeschi vennero uccisi, le sorgenti d’acqua avvelenate, l’ordine era di sparare a vista. Su ottanta mila Herero, nel 1905 ne rimanevano sedici mila . Fu un vero e proprio genocidio, espressamente voluto da Guglielmo II, il primo del XX secolo. Tale massacro rimane come la più efficace e tragica metafora della feroce sopraffazione rappresentata della dominazione imposta. Ai sopravvissuti, oltre alla fuga nel deserto, rimanevano le malattie o i campi di concentramento o i lavori forzati in Togo e Camerun: in ogni caso sarebbero stati privati del loro bestiame (loro tradizionale mezzo di sopravvivenza) e sarebbe stata abolita qualsiasi leadership indigena o assemblea. Un problema però emergeva: lo sterminio aveva causato mancanza di forza lavoro per l’agricoltura e le miniere. Fu così che le autorità coloniali guardarono a nord, all’Ovambo, come ad un serbatoio di manodopera. Nel 1914 i Tedeschi possedevano circa diecimila ettari ed i bianchi erano quindicimila.
Già dal nome dato al territorio dai colonizzatori, “Africa Tedesca del Sud-Ovest”, si può capire qualcosa sul sistema di colonial rule tedesco (la stessa osservazione varrà per il periodo di occupazione sudafricana.): una zona di puro sfruttamento economico, seppur conseguente a considerazioni politiche, dove l’interesse dei “colonizzati” non aveva posto. La natura di tale sistema era caratterizzata da tre elementi chiave. Primo, la terra era “presa” alla gente del luogo e consegnata ai settlers tedeschi, i quali sarebbero giunti in sempre maggior numero. Secondo, le strutture sociali tradizionali dovevano essere distrutte, per fare dei nativi soggetti totalmente succubi della politica coloniale tedesca (fondamentale per fare ciò era negare qualsiasi tipo di istruzione). Terzo elemento era l’utilizzo delle popolazioni del luogo come pura forza lavoro nelle terre possedute ora dai bianchi, nelle miniere e nelle nuove industrie. Per raggiungere questi obiettivi venne utilizzata la vecchia tattica coloniale del divide et impera, del mettere i vari gruppi namibiani l’uno contro l’altro al fine di controllarli più facilmente e di “strappare” concessioni più favorevoli. È difficile in questo caso applicare le categorie analitiche di direct e di indirect rule, anche perché tali categorie dipendono in ultima analisi dalle risorse reali del territorio controllato, nonché dall’esigenza di amministrare particolari situazioni: sul terreno fu la natura della strutture dominanti e l’interazione con le diverse fasi della presenza coloniale a condizionare i modelli di gestione. Comunque, volendo fare riferimento a tali categorie, potremmo dire che la cosiddetta “Police Zone”, la zona circostante alla ferrovia (al centro del territorio e dal centro alla costa) dove molti nativi lavoravano in industrie e aziende bianche in condizioni servili, fosse sottoposta a direct rule. Nelle aree che invece erano state di Herero e Nama, aree nelle quali l’intenzione era di distruggere la base economica indipendente indigena riproducendo la società tedesca in Africa, quindi creando una colonia d’insediamento di settlers, verrebbe da parlare di indirect rule. Come sappiamo però questa definizione non è propriamente corretta: non è possibile fare riferimento ad una vera e propria indirect rule nelle colonie d’insediamento, ove l’amministrazione europea ebbe un ruolo di ingerenza assolutamente preponderante negli affari indigeni.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale la colonia tedesca ed il Sudafrica si trovarono schierati su opposti schieramenti. Su richiesta del governo britannico le forze sudafricane comandate dai generali Botha e Smuts invasero la Namibia attraverso Walvis Bay e Lüderitz. Il 12 Maggio 1915 presero controllo della capitale Windhoek, dove il governo provvisorio venne affidato a Sir Howard Gorges, che istituì la legge marziale. Arresasi l’ultima guarnigione tedesca (1915) e finita la guerra in Europa (1918), a seguito del trattato di Versailles, il territorio divenne mandato della neonata Società delle Nazioni amministrato dal Sudafrica.

(Segue la parte 2)

Passo e chiudo.

FRA

No comments:

 
Image Hosted by ImageShack.us
Google
Yahoo