Thursday, November 22, 2007

JFK, 44 ANNI DOPO. (JFK, 44 years after)

Il 22 novembre di 44 anni fa, veniva ucciso a Dallas John Fitzgerald Kennedy, trentacinquesimo Presidente degli Stati Uniti. Per anni, come spesso accade, i cosiddetti "cospirazionisti" sono stati bollati come visionari (quando andava bene). Lee Harvey Oswald ha agito da solo! Non ci sono dubbi! Tanto, anche Oswald non avrebbe potuto dire il contrario, ucciso inspiegabilmente due giorni dopo l'assassinio di JFK da un tale, Jack Ruby. Psichicamente malati dunque i "complottisti", malati ed anche contagiosi. Già perchè man mano che passava il tempo era la tesi della cospirazione a prendere sempre più piede. L' HSCA (la House of Representatives Select Committee on Assassinations) dichiarò possibile (contrariamente alla Commissione Warren) la tesi di una cospirazione, di un complotto per uccidere JFK. Vi fu poi il film del 1991 di Oliver Stone, che riportò nuovi dubbi sulla "tesi ufficiale". Qualche anno fa infine, le rivelazioni di Madeleine Duncan Brown (morta nel 2002), l'amante del Vice-presidente di allora, poi Presidente, Lyndon Johnson. Nel racconto della Brown emergevano nuove verità: il piano di uccidere JFK già esistente dal 1960, il ruolo da protagonista giuocato da H.L. Hunt, miliardario texano del petrolio, decisivo nell'elezione di Johnson alla vice-presidenza. Il racconto di una festa, a Dallas, la sera prima dell'omicidio. Erano presenti oltre a Lyndon Johnson, anche Hunt, Jack Ruby, il direttore dell'FBI, il presidente del Council of Foreign Relations, imprenditori le cui aziende sono ora state assorbite dalla Halliburton, Richard Nixon e per finire esponenti di spicco della mafia. Il quadro dipinto è variegato, oscuro, complicato. Petrolieri texani, grandi banchieri, mafiosi, avversari politici, membri del suo stesso partito. Chi il vero mandante? Certo è che JFK, almeno nelle sue ultime ore di vita, appariva piuttosto solo. Politicamente, ma forse anche fisicamente, se si guardano con attenzione i filmati relativi agli ultimi secondi prima degli spari: la scorta a piedi clamorosamente rimasta troppo indietro, così come le forze dell'ordine. Mai un corteo presidenziale fu tanto sguarnito. E poi l'autista, che poco prima degli spari si volta verso il Presidente, come per controllare qualcosa... Probabilmente non sapremo mai tutta la verità e comunque anche se così non fosse, se venissimo a conoscere mandanti e motivi, sarà troppo tardi. Le conseguenze della morte di JFK hanno già dispiegato i loro effetti nelle Storia.

E dopo John, Bobby, ma sopratutto John Junior e la moglie. Il figlio di JFK sembrava volesse fare piena luce sulla morte del padre e aveva tutti i mezzi necessari per raggiungere il suo scopo. Tuttavia nel 1999 la "maledizione dei Kennedy" continuava. Il piccolo aereo sul quale viaggiava insieme alla moglie, precipitò nell'Oceano Atlantico. Che ci faceva un aereo a motore leggero in mezzo all'oceano? Anche nel caso si fosse perso, perchè non utilizzò il pilota automatico? Perchè i loro corpi, contrariamente alle tradizioni cattoliche di famiglia, vennero cremati? Tantissime domande ancora senza una risposta convincente.

Passo e chiudo.
FRA

Wednesday, November 21, 2007

TRAVIS: "THE BOY WITH NO NAME"

L'ultimo album della band scozzese (il quinto), uscito quest'anno a distanza di ormai 4 anni dal quarto "12 Memories" conferma anzitutto la continuità della produzione Travis. Il gruppo di Fran Healy rimane uguale a se stesso, senza stancare mai. Non si trova nell'album alcun tipo di evoluzione stilistica, nessun stravolgimento, nessuna innovazione. Ascoltare l'esordio "Good feeling" ed ascoltare "The boy with no name" è praticamente la stessa cosa. Ma attenzione: la mancanza di sorprese non sminuisce affatto il valore e la bellezza dell'album, un'opera da assaporare pian piano, immediata ma mai banale, commerciale ma mai superficiale. Un disco da camera, da auto ed anche da radio. Un disco, in una parola, piacevole.
Il titolo richiama una mail inviata dal cantante in un periodo nel quale non era ancora deciso il nome del figlio che stava per nascere. Il tema della paternità viene ripreso nella traccia numero 7 "My Eyes" [video 3-4 sottostanti], terzo singolo estratto. Ma andiamo con ordine. Il disco si apre con "3 times and you lose" [video 1 sottostante, non videoclip, ma piccolo documentario con il brano in sottofondo], stupendo pezzo dall'inizio ruvido e dal ritornello "a presa rapida". "Selfish Jean" è il secondo brano, nonchè il secondo singolo, ritmato e scandito dalla voce di Healy. Segue "Closer" [video 2 sottostante, con la straordinaria partecipazione di Ben Stiller, grande fan del gruppo], ballata romantica giustamente scelta come primo singolo. In "Big Chair" vi è un accenno alla psichedelia, quasi un richiamo ai Radiohead. "Battelships" è il centro dell'album: canzone in tipico stile Travis che tratta degli alti e bassi nelle relazioni umane. L'usuale drumming di Primrose, essenziale ed efficace, ed il basso di Payne, sempre di grande sostegno, accompagnano la linee vocali tracciate da Healy, vere colonne portanti del pezzo (che include un arrangiamento di archi), mentre i caratteristici arpeggi di Andy Dunlop richiamano esperienze passate (dai Byrds ai Beatles). La successiva "Eyes wide open" è rabbiosa ed immediata. A "My eyes" seguono la triste "One night" ed il duetto con KT Tunstall "Under the moonlight". "Out of space" e "Colder" sono sporche, grezze e di difficile catalogazione. Le conclusive "New Amsterdam" (un omaggio a New York con un testo che è un vero e proprio flusso di coscienza) e "Sailing away" (una ghost-track) sono perle imperdibili.
Un lavoro onesto, mai sopra le righe, com'è lo stile della band. Un pop-rock che non stupisce, ma che fa passare buoni momenti di ascolto.
Citazione aggiuntiva meritano i videoclips. Anche quelli che accompagnano "The boy with no name", sono vere opere d'arte. I Travis si confermano ancora una volta ottimi attori, capaci di prendersi in giro e di far riflettere nello stesso tempo. Il gruppo scozzese vanta un lungo elenco di clips assolutamente imperdibile: forse il livello dei video dell'ultimo album non raggiunge i capolavori registici e di recitazione che hanno accompagnato i singoli di "The man who" e "The invisible band", ma è comunque nettamente al di sopra della quasi totalità dei videoclips attuali.
Quindi possiamo concludere: musica da camera, da auto, da radio ed anche da video.
Passo e chiudo.
FRA

Tuesday, November 13, 2007

DONNIE DARKO. Scorci della complessità del reale. (Glimpses of the complexity of reality)

"Io voto per Dukakis". Con una sola frase in apertura di film, già siamo proiettati nell'universo di Donnie Darko. Middlesex per la precisione. Uno spaccato dell'America benpensante e perbenista. A pronunciare quella frase è la sorella maggiore di Donnie, figura certamente secondaria, ma che come tutta la famiglia del protagonista, ci accompagna durante la trama e ci aiuta ad inquadrare le diverse situazioni. Occorre avere uno sguardo complessivo, dall'alto, per gustare pienamente il film. Occorre non fermarsi agli eventi, ma cogliere i diversi scorci. Solo dopo è possibile trarre conclusioni (o almeno provare a farlo).
Le atmosfere allora: certamente cupe, come suggerisce lo stesso nome Dark(o).
I personaggi: tantissimi, caratterizzati benissimo, a partire da Donnie, quasi un super-eroe con fortissimi problemi psichici. Il padre di Donnie, scontroso e tenero, ingenuo e affettuoso, capo-famiglia senza una reale autorità. La madre di Donnie, perfetta compagna per il marito, ansiosa e premurosa. Le due sorelle di Donnie, tipiche. Ma non andiamo oltre nei personaggi, fermiamoci per adesso alla famiglia Darko e attraverso di essa vediamo alcuni scorci.
I luoghi: la camera da letto di Donnie. Qui inizia e finisce tutto, possiamo dire. Qui precipita il motore di un boeing, mentre Donnie è miracolosamente e misteriosamente altrove, per l'esattezza nel bel mezzo di un campo da golf, stordito dagli psicofarmaci. Qui ritorna Donnie alla fine del film. La scuola di Donnie. Un quadro drammatico ne viene disegnato. Violenze, soprusi, menzogne, prevaricazioni. Metodi educativi sbagliati, vuoti, pre-confezionati, automatici, finti, ma soprattutto lontani dalla realtà e contrastanti dunque con essa. Molto esplicativa la scena dove Donnie viene costretto a associare ad una situazione che si vorrebbe paradigmatica o il concetto di paura, o il concetto di amore. Nell'ipotesi dell'insegnante (e ancor prima di lei del "santone" che diffonde tali metodologie educative nella scuole di Middlesex e altrove) sono questi i motori dell'agire umano e per estensione dell'universo. L'azzeramento della complessità del vivente sembrerebbe essere lo scopo ultimo (più o meno volontario e consapevole) di tale impostazione. La riduzione ai minimi termini. Il controllo della realtà, delle emozioni, delle relazioni. In ultima analisi il dominio totale su di esse. La famiglia di Donnie ci viene in aiuto e ci conduce anche in questa situazione. Pur con tutti i suoi diffetti e con tutte le sue tensioni interne, sembra veramente l'ultimo rifugio per Donnie. Almeno prima che il ragazzo si innamori di Gretchen, anche lei disadattata, anche lei non accettata e per questo così vicina a Donnie. Ma non tutti sono corrotti a scuola. Il professor Monnitoff e la professoressa Pomeroy non lo sono. Il primo però si rifiuterà misteriosamente di parlare con Donnie riguardo ai viaggi nel tempo e a ciò che concerne "il destino" delle persone. Alla seconda verrà semplicemente tolto l'incarico.
Ma qual è il senso degli avvenimenti che si susseguono nel film? Perchè un coniglio di nome Frank dice a Donnie che mancano 28 giorni (tempo fra l'altro impiegato a girare il film nel 2001) alla fine del mondo? Perchè "strani cilindri" escono ogni tanto dal venre delle persone? Perchè da alcune cattive azioni di Donnie scaturisce il bene? Si potrebbero porre decine di altre domande. Il grande pregio del film è in fondo quello di non dare risposta a nessuna domanda. O meglio, ciascuno può dare le risposte che vuole. Tutte sono ugualmente possibili e tutte in qualche modo non pienamente esaustive e lineari. E questo a mio parere è un pregio. Universo tangente, chiave di lettura religiosa-esistenziale, semplice e umano bisogno d'amare, sono le tre principali spiegazioni date all'epilogo, dove tutti gli elementi della storia si intrecciano e confluiscono. Qualcosa manca. Qualcosa sembra sfuggire allo spettatore. Ancora. Nessuna spiegazione sembra completa. Questo perchè la realtà è complessa. Non è possibile racchiudere tutto entro due categorie, paura e amore.
Passo e chiudo.
FRA

Sunday, November 11, 2007

DENTRO AL "BUCO NERO LEGALE" (Inside the "legal black hole")

Nel novembre 2003 Lord Johan Steyn definiva, davanti al British Institute of International and Comparative Law, come un "legal black hole", la vicenda di Guantanamo. I motivi erano essenzialmente tre: le violazioni del diritto internazionale (in primo luogo per quanto riguarda le Convenzioni di Ginevra, l'ultima delle quali datata 1949), l'llegalità delle Commissioni MIlitari istituite con "ordinanza militare" del Presidente Usa nel novembre 2001 (tribunali speciali deputati al giudizio dei cosiddetti "combattenti nemici" e dei "combattenti nemici stranieri", questi ultimi indicati con decreto ad personam dal Presidente ed inviati appunto a Guantanamo), infine il trattamento dei detenuti.
Soffermiamoci su questo ultimo aspetto. Diamo un'occhiata a ciò che succede da qualche anno in questo presidio militare che il governo di Washington ottenne come compenso per l'appoggio fornito a Cuba nella guerra contro la Spagna nel 1898. Per fare questo riprendiamo il racconto di alcuni giornalisti che hanno potuto visitare la base (senza poter tener contatti con i prigionieri, dei quali il governo Usa fra l'altro non comunica l'identità) e consideriamo alcune testimonianze così come riprese da Frosini nel saggio " Lo stato di diritto si è fermato a Guantanamo". Ecco alcuni passi salienti dei resoconti, giusto per farsi un'idea: i detenuti sono rinchiusi 24 ore su 24 in piccole celle singole di un metro e ottanta per due metri e mezzo, con pareti di rete metallica aperte all'osservazione esterna su tutti e quattri i lati, sempre illuminate dalle luce solare di giorno e dall'illuminazione artificiale di notte. Dormono su pavimenti di cemento e il bagno è un buco per terra. I prigionieri non hanno nome, ma solo un numero che corrisponde alla loro cella e si distinguono per il colore delle tute che devono indossare (l'arancione per esempio è il colore della tuta di chi non collabora). In una settimana dalla gabbia si esce solo per novanta minuti. Ecco come, secondo il racconto di due ex detenuti (Rasul e Iqbal), avvengono gli interrogatori: dopo essere incatenati per ore con le gambe per aria, viene imposto di urinare durante l'interrogatorio, il quale può durare anche dodici ore. L'aria condizionata è altissima. Vi è una lampada stoboscopica, musica ad altissimo volume e dei cani ferocissimi utilizzati per terrorizzare. Il più delle volte, dopo l'interrogatorio per giorni non si riceve pasto. Spesso si verificano poi brutali assalti ai prigionieri con spranghe.
Vi sono fonti sufficienti per affermare con certezza che a Guantanamo è (o almeno sia stata) praticata la tortura fisica e psicologica per ottenere informazioni.

Un ruolo decisivo sulla vicenda Guantanamo è stato svolto dalla Corte Suprema americana, secondo i più un ruolo di riequilibrio del sistema tra le due esigenze di sicurezza e di libertà individuale. Cìò è avvenuto principalmente con quattro sentenze, tre del giugno 2004 (Hamdy vs Rumsfeld; Rasul vs Bush; Rumsfeld vs Padilla) ed una del 2006 (Hamdam vs Rumsfeld). In particolare è la seconda (Rasul vs Bush) che investe specificatamente il caso Guantanamo. Il problema in questione è il seguente: è possibile per un detenuto di Guantanamo presentare istanza ad un tribunale statunitense? L'avvocato di Rasul presentò domande di habeas corpus (in pratica un controllo di legittimità sullo stato di detenzione) a tribunali federali. La questione, dopo varie impugnazioni arrivò alla Corte Suprema. La sentenza venne posta in questi termini: è possibile adire un giudice americano, perchè ciò che conta veramente è che il soggetto sia sotto la disponibilità giuridica Usa, non conta di chi sia la sovranità sul territorio in questione. Di grande interesse fu la linea dissenziente del giudice Scalia, il quale paventò la possibilità di un estensione "ai quattro angoli della Terra" della competenza dei giudici americani (anche per esempio su regioni di Irak e Afghanistan). Occorre dire però che con legge, nei mesi successivi, si è attenuata notevolmente la portata della sentenza: si sono escluse dalla suddetta competenza le aree di conflitto e si è definita come responsabile sul controllo di habeas corpus solo la corte distrettuale del DIstretto di Columbia (Washington D.C.), evidentemente la più soggetta alle pressioni della Casa Bianca.

La vicenda Guantanamo rimane ancora aperta anche perchè la Corte Suprema, pur avendo indubbiamente svolto un ruolo di riequilibrio, ha di fatto lasciato sempre una "scappatoia" all'amministrazione americana, per esempio non contestando mai le categorie giuridiche "inventate" dal governo, nè tanto meno l'esistenza dei tribunali speciali (ad onor del vero una presenza ricorrente nei momenti di crisi della storia americana) ed arrivando ad ammettere addirittura l'invertibilità dell'onere della prova (a carico dunque degli accusati) nei processi davanti alle suddette Commissioni MIlitari.
Passo e chiudo.
FRA

TANTO PER INIZIARE (Just to begin)


Dopo varie difficoltà (questioni di tempo, un virus che mi ha cancellato 150 GB di dati sul pc etc.) posso finalmente aprire il mio blog. Non c'è bisogno di tante spiegazioni su come intenda impostare questa pagina. Credo si capisca abbastanza bene dal contorno grafico. Sì lo so, è un pochettino scarno, ma credo che col tempo oltre ai vari posts, ai contenuti diciamo così, potrò migliorare anche la grafica e aggiungere abbellimenti vari. Per ora accontentatevi di uno "stupendo" orologio dove, cliccando sulle varie zone del globo, otterrete i diversi orari e di una radio, o meglio uno stereo, visto che ho deciso io i brani da inserire. Per ora sono circa cento, con testi nelle più differenti lingue (si varia dal pop al rock, dalla classica all'elettronica etc.) ed il loro ascolto è random. Vi consiglio caldamente di usare come browser Mozilla Firefox per ascoltare lo stereo: per qualche strano motivo Explorer risulta incredibilmente inadatto. Ovviamente ogni tanto cambierò i brani, quindi sempre attenti... Potrebbe essere utile per coloro i quali non riescono a leggere al computer senza una musica di sottofondo (io sono tra questi).
Una precisazione: negli pseudo-articoli che scriverò, non mi dilungherò a inserire note, fonti e appesantimenti vari. Piuttosto qualora citassi un pensiero altrui o riprendessi pari pari uno scritto di altri, mi preoccuperò giustamente di citare la fonte, ma lo farò all'interno del testo del post.
Per il resto che dire...partecipate alle discussioni, commentate, intervenite, postate, ascoltate, fate un pò quello che vi pare su questo blog.
Passo e chiudo.
FRA

 
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